Iaido Magazine

Postura fisica e controllo mentale nella pratica di iaido e kendo

Postura e controllo mentale Iaido e Kendo
©Edoardo Parini

In questo articolo vorrei introdurre quegli aspetti della pratica marziale che in genere sono “nascosti” e che invece, se correttamente coltivati, possono rappresentare una grande crescita tecnica e personale, oltre a diventare un modo efficace per raggiungere uno stato di maggior benessere psicofisico attraverso la pratica delle arti marziali (tutte, non solo iaido e kendo).

Il tutto è basato sullo studio condotto negli ultimi anni nel mio dojo e su quanto appreso da alcuni importanti maestri giapponesi in diverse occasioni, mi fa perciò molto piacere poter condividere attraverso questo articolo queste mie esperienze con la speranza che possano essere di qualche utilità.

Mentre la tecnica può essere appresa in molti modi (al limite un buon video di kendo può, se abbiamo una base, essere utile per imparare un nuovo attacco o una nuova difesa), tutto quello che sta dietro ad un corretto modo di interpretarla è qualcosa che spesso è trascurato ed è invece decisivo. Con questo intendo principalmente il controllo del corpo, della postura (statica e dinamica) e della mente, aspetti molto spesso trascurati a favore della ricerca sulla tecnica (necessaria, ma secondo me non sufficiente).

Per utilizzare con vantaggio questi aspetti come un metodo di allenamento, che come vedremo è basato effettivamente su una maggiore consapevolezza di sé, vi sono diversi gli aspetti che secondo me è molto importante considerare. Li affronterò uno ad uno, ricordando che sono inscindibilmente legati tra loro e che lo sviluppo di uno di essi comporta in genere una crescita anche negli altri.

Maneggiare una katana giapponese correttamente non è una cosa facile e richiede capacità molto spesso trascurate, che sono quelle su cui vorrei concentrare l’attenzione.

 

Conosci te stesso

Per la cultura degli antichi Greci il concetto di “conosci te stesso” era considerato molto importante. Si ritrovano citazioni di questo motto ad esempio a Delfi, ma la frase è stata fatta propria negli anni da diversi filosofi tra cui Socrate.

Cosa c’entra questo con le arti marziali?

C’entra e molto, perché ciascuno di noi, chi più e chi meno, conosce male il proprio corpo e la propria mente.

Questo, paradossalmente, è tanto più vero nelle arti marziali in genere, dato che a differenza degli sport “moderni” (tranne qualche sporadico caso per atleti di altissimo livello di discipline Olimpiche) in genere non si utilizzano studi approfonditi di biomeccanica e metodi psicologici per migliorare la tecnica e la sua comprensione.

Questo vuol dire che dovremmo sezionare ogni movimento della nostra pratica e trovare il modo più efficiente di eseguirlo, come si fa in un qualsiasi sport?

La risposta a questa domanda è no.

In effetti, se andiamo a leggere gli scritti dei maestri del passato o sentiamo i discorsi di quelli di alto grado del presente (e siamo aperti a percepire questo specifico aspetto) ci possiamo rendere conto come tutta l’impalcatura tecnica e filosofica delle arti marziali in generale si basi proprio su una ricerca molto più globale, che travalica il semplice aspetto tecnico. Arte marziale non è sport in senso stretto, ma qualcosa di molto più completo e totalizzante, se correttamente praticata.
Cosa significa, quindi, “conosci te stesso” per un praticante delle nostre discipline? Molte cose, che cercheremo di introdurre nel seguito.

 

Sii cosciente della tua postura

Ovvero imparare a percepire la propria postura, correggerne sia in palestra che (soprattutto) nella vita di tutti i giorni i difetti, poi applicare questo alla tecnica.

Noi abbiamo (e la maggioranza delle persone comuni non ne ha del tutto) una percezione distorta della nostra postura. Per fare un esempio che ci è vicino, se diciamo a qualcuno con una spada in mano (e con un minimo di impostazione tecnica) di assumere la postura più diritta possibile, inevitabilmente chi non ha coltivato questo aspetto assumerà una postura in accentuata lordosi e sarà sicuro di essere perfettamente diritto.

In fase di attacco con la spada sarà facile che la testa venga portata in avanti, o che il piede sia portato troppo in alto. Questi, che sono spesso catalogati come errori tecnici, possono essere considerati come errori posturali dinamici dovuti ad una distorta percezione di quello che si pensa essere un attacco efficace.

Un altro valido esempio si ha nel judo: nelle proiezioni in avanti, chi proietta tende ad abbassare prima la testa che il corpo, mentre la maggiore efficacia si ha rimanendo a contatto con l’avversario il più possibile. Ma il tirare giù la testa dà l’impressione (errata) di essere più forti e quindi è un errore molto più che comune.

Pertanto, una corretta autoanalisi della postura è alla base di una tecnica corretta, che di essa, spesso, è conseguenza, piuttosto che non viceversa come comunemente si crede.
L’uso dello specchio ma specialmente una attenzione costante anche se non ossessiva nella vita di tutti i giorni ci permettono di correggere molto più facilmente di quello che ci possiamo immaginare difetti posturali anche importanti.

 

Sii cosciente della tua respirazione

La respirazione ha un potente effetto sulla postura e sul movimento, in particolare sulla scioltezza e sulla velocità. Senza voler approfondire in questa sede questo argomento per cui ci vorrebbe (e non basterebbe) un articolo a parte, possiamo spiegare qualche aspetto.

In linea di massima si dovrebbero eseguire tutti i movimenti “utili” in espirazione, cercando di inspirare durante le fasi “morte” dell’azione. L’espirazione è infatti la fase in cui i muscoli respiratori sono liberi e rilassati e non introducono blocchi o impedimenti al movimento che quindi può essere più fluido e veloce.

Nel tiro con l’arco l’effetto della corretta respirazione è evidentissimo. Per chi ne ha fatto esperienza è una cosa in qualche modo stupefacente come una respirazione sbagliata si rifletta immediatamente in un tiro non corretto.

Nella vita di tutti i giorni si dovrebbe praticare per abitudine una respirazione addominale profonda, la quale ha benefici effetti sia sulla postura che sullo stato mentale, ma comunque il primo passo è quello di sviluppare una “coscienza della respirazione” che per la maggioranza delle persone è un qualcosa di automatico e sconosciuto.

 

Sii cosciente della tua forza

La forza e la potenza sono un grande tranello nella pratica. Se cerchiamo di essere forti diventiamo immediatamente rigidi, quindi lenti (e di conseguenza ci incamminiamo sulla strada della sconfitta). La coscienza del momento in cui usare la forza è una delle cose più difficili da raggiungere e richiede uno studio approfondito della tecnica e delle sue interazioni con il corpo. Va da sé che un buon maestro può essere di grande aiuto per questo che è senz’altro uno dei punti più difficili da apprendere.

Un esempio per così dire “da manuale” è la ricerca del fischio nel taglio dello iaido. Se lo si vuol ottenere consciamente si diventa rigidi e se ne peggiora la qualità. Molto meglio non ricercarlo affatto, si svilupperà da solo con naturalezza se pratichiamo nel giusto modo.

 

Sii cosciente della tua mente

Uno dei problemi fondamentali delle arti marziali è che si tende a scambiare l’aggressività per efficacia.

Il problema è che questo è esattamente il contrario di quanto sia necessario. Non nego che l’aggressività in qualche caso possa essere una risorsa, ma lo è senz’altro a basso livello e in casi molto rari e comunque dovrebbe essere usata consciamente e non facendosene possedere. La vera efficacia in combattimento si ottiene con la calma ed il distacco dalla situazione.

Ma come raggiungere questa calma e questo distacco?

Ebbene, di fatto si tratta di qualcosa che si può raggiungere (o meglio cui ci si può avvicinare) per mezzo di un corretto allenamento fisico. E’ importantissimo ricordare che corpo e mente sono strettamente legati.

Una corretta cura della postura (statica prima e dinamica poi), legata fatalmente alla corretta respirazione ed all’uso corretto della tecnica tende a sviluppare automatismi e quindi a rendere le reazioni il più slegate possibile da uno stato di aggressività.

Va fatto notare che questo vale anche di più nello iaido, ove la visualizzazione di un “avversario immaginario” tende in maniera drammatica ad elevare il livello di aggressività. Vi sono diversi modi per affrontare il dilemma: “visualizzo quindi sono aggressivo o non visualizzo e quindi non sono efficace”.

Un suggerimento dato dal maestro Kobayashi Tadao, 8° dan hanshi, è quello di considerare il nostro avversario immaginato non un nemico ma un nostro compagno di pratica.

L’avversario diventa quindi un po’ come l’uke del judo, che ci aiuta ad imparare e che quindi non deve essere trattato con aggressività ma con rispetto e gratitudine (cosa che cambia completamente la prospettiva).

 

 

Per concludere questa che di fatto è solamente una rapida introduzione all’argomento, dobbiamo dire che la chiave di tutto, come sperimentato su me stesso e sui miei allievi negli ultimi anni, è costituita da un allenamento costante e dallo spostamento verso l’interno dell’attenzione, ovvero non concentrarsi sulla tecnica e sui suoi effetti fisici ma su un corretto uso del proprio corpo e della propria mente (ovviamente nei limiti e con le caratteristiche della tecnica della disciplina praticata). Nel kendo il jigeiko serve proprio a questo, anche se viene troppo spesso confuso con un combattimento da shiai, ma anche la pratica del kata ha uno scopo simile e forse addirittura più profondo.

Può darsi (e non è detto) che questa sia una via più lunga da seguire, ma senz’altro fornisce risultati più duraturi che si estendono al di fuori della pratica, nella vita di tutti i giorni, il che è il vero scopo delle Vie marziali che seguiamo. Inoltre tende a sviluppare una tecnica meno dannosa per il fisico, consentendo una pratica più prolungata negli anni e sempre efficace, come ci insegna (senza la presunzione di poterli mai eguagliare) l’esempio dei grandi maestri che sono (o erano) inarrivabili anche ad età estremamente avanzata.

 

 

L'Autore dell'Articolo

Giorgio Zoly

Genovese, ma Monzese di adozione, Ingegnere Elettronico ma di fatto “artigiano dell'alta tecnologia”. Pratica Judo dal 1973, Kendo e Iaido dal 2000. Forgiatore di Katane quando il tempo lo permette, Insegna Iaido a Monza e scrive per diletto racconti. Redattore di KI dal 2003, negli ultimi tempi si è dedicato molto allo studio della teoria dell'insegnamento. Le Arti Marziali sono parte inscindibile della sua vita, a dispetto di tutte le difficoltà.

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