Varie Magazine

Motivare e fidelizzare: il ruolo dell’Istruttore

Rigolio-formazione-motivazione

Nel mese di aprile dell’anno 2024, su iniziativa di alcuni Comitati Regionali, ho coordinato due webinar per Istruttori, incentrati sul tema della motivazione.

Grazie all’interazione con i partecipanti, i cui interventi riporto in corsivo, e ai lavori di gruppo sono usciti spunti di valore. A mente fredda ho fissato le idee emerse, con alcune integrazioni e rielaborazioni (ringrazio Antonio Giardina per la revisione e per i suggerimenti).

Rilevanza dell’Istruttore

A seguito delle formazioni fatte in anni passati, avevamo suddiviso i compiti dell’Insegnante in 3 dimensioni:

  1. l’organizzazione (pianificazione e gestione);
  2. l’insegnamento della tecnica;
  3. il supporto individuale.

Questo schema indica il “cosa” deve fare un Istruttore, e deriva dall’osservare ciò che avviene nei Dojo.

La pianificazione ha varie dimensioni: il calendario delle pratiche, solitamente di respiro annuale, il programma della singola sessione di allenamento, programmi speciali personalizzati.

Intervento: “L’Istruttore deve essere bravo ad improvvisare, in quanto la pianificazione si scontra con la realtà. Capita infatti di arrivare al Dojo e trovare un gruppo di praticanti diverso da quello che ci si aspettava”.

Certamente la programmazione rigida non è utile, in quanto l’allenamento deve essere adatto ai presenti. Quindi l’Istruttore deve essere pronto a rivedere il piano, ma questo non significa improvvisare una sequenza casuale di esercizi.

La gestione consiste nel fare accadere quanto programmato, e comprende il comunicare istruzioni, dividere i compiti, prevenire incidenti.

Il trasferimento della tecnica richiede che l’Istruttore sia capace nell’esecuzione, chiaro nella terminologia, consapevole del corretto bilanciamento tra informazioni date e capacità dei presenti di comprendere e di apprendere. Apprendere una competenza motoria nuova richiede tempo, in quanto la struttura neuronale si deve ristrutturare!

La relazione individuale porta l’Istruttore ad affrontare molte situazioni, come la demotivazione, la perdita di fiducia, i dubbi. Fa parte della relazione dare riscontri (feed-back) che evidenzino i progressi. Con i principianti sono utili domande sulle aspettative, proprio per personalizzare l’insegnamento persona per persona.

Da Zanshin  a Heijoshin

Il samurai, il guerriero e l’atleta beneficiano di uno stato di estrema vigilanza, che permette di reagire nel minimo tempo possibile ad uno stimolo. La differenza tra vittoria e sconfitta è questione di centesimi di secondo.

L’artigiano e l’agricoltore hanno una prospettiva temporale diversa. Il processo mentale di chi deve seminare un campo parte dall’esperienza, ovvero dall’analisi di anni di raccolti, di esperimenti fatti, di successi e di insuccessi.

La proattività, forse il termine più vicino a Heijoshin, è guardare lontano prima che vicino, il tempo lungo prima di quello breve.

L’Istruttore beneficia di Heijoshin, la mentalità dell’artigiano, che inizia dall’analisi per arrivare a decisioni e azioni.

Per comprendere come coltivare un campo, oppure addestrare un gruppo di persone, serve una base teorica, e prima ancora la volontà di procurarsi una conoscenza. Il rischio è di applicare sempre gli stessi metodi di coltivazione per anni, senza cogliere segnali di inefficienza o spunti di miglioramento.

L’attitudine a ricercare il confronto con i più esperti, ad approfondire gli argomenti, a valutare criticamente l’esperienza favorisce il cammino di crescita nel Budo ma anche nell’insegnamento.

La conoscenza segreta

Sappiamo oggi, visto che i testi tradizionali dei Koryu sono stati pubblicati, che “come insegnare” era parte della dottrina segreta, sulla quale Inowe Shigeaki Hanshi aveva tenuto una conferenza qualche anno fa.

Perché il “come insegnare” non veniva ritenuto argomento di divulgazione? Perché il Caposcuola proteggeva questo argomento? Probabilmente si era osservato che non tutti gli allievi fossero adatti e ricettivi.

Un praticante è adatto a diventare insegnante quando ha certe attitudini, per cui il Caposcuola si riservava di scegliere, tra i migliori allievi quello che avrebbe garantito, grazie alla qualità dell’insegnamento, la sopravvivenza del Koryu.

Un praticante è ricettivo quando è interessato ad approfondire il lato dell’insegnamento complementare alla tecnica di spada. Il segreto dei Koryu, secondo Inowe Hanshi, era una descrizione del processo di apprendimento.

Tra le formule più note c’è Shu-Ha-Ri, ovvero (libera interpretazione) Shu=imparare/ascoltare/osservare, Ha= fare proprio/verificare, Ri = innovare/modificare/sfidare.

Personalmente ritengo che questa formula aiutasse anche ad individuare i candidati all’insegnamento, che devono dimostrare di avere attitudine alle 3 fasi.

Ad esempio, l’innovazione è necessaria per adattare il Budo ai cambiamenti del contesto. Pensiamo ai giorni nostri, quando i principianti hanno attitudini psico-motorie molto diverse da quelli di qualche decennio or sono.

Lo sviluppo motorio di un ragazzo che è cresciuto all’aperto in campagna è molto diverso da quello che ha passato varie ore al giorno di fronte ad un device; quindi i metodi e i ritmi dell’allenamento vanno adeguati.  

Buone pratiche

Da quanto è emerso dai lavori di gruppo, un Istruttore deve essere chiaro nelle spiegazioni, bilanciato nell’equilibrio tra la lezione parlata e la parte dove ci si esercita.

Gli Istruttori hanno concordato sull’efficacia trasferimento da “corpo a corpo”, in quanto ritengono che la dimostrazione sia più adatta della spiegazione verbale. Altra area di accordo è la necessità di supportare la programmazione individuale, per ridurre il rischio che l’allievo si presenti impreparato a stage, esami e gare.  

Il feed-back è ritenuto utile, così come una riflessione auto-critica alla fine di ogni allenamento.

Intervento: “Sappiamo che gli allievi sono restii a dare feed-back negativi, quindi come possiamo basarci su quanto ci dicono sull’allenamento?”

Il Feed-back non serve a conoscere la verità, quanto ad ottenere spunti per migliorare. Per questa finalità i riscontri troppo generici vanno approfonditi. Ad esempio, se il praticante dice “Bellissimo allenamento”, per comprendere cosa è stato apprezzato dobbiamo approfondire con domande dirette o tramite la riformulazione. Allo stesso modo possiamo trattare le critiche, se non sono chiare.

Il rispetto dei tempi è ritenuto importante, quindi bisogna iniziare puntuali e soprattutto finire in orario.

Dilemmi, compromessi, modelli, ricette

Nel primo Webinar, tra le buone pratiche, è emerso:

“Serve sufficiente tempo e ripetizioni del medesimo esercizio”.

Nel secondo Webinar i partecipanti hanno stabilito che

“Troppe ripetizioni del medesimo esercizio rendono l’allenamento noioso, sgradito”.

La presenza di suggerimenti opposti ci dice che un Istruttore spesso deve fare delle scelte, sciogliere dei dilemmi.

Fare pratiche molto intense è ideale per migliorare la prestazione ma con il rischio di perdere chi non riesce a seguire il ritmo.

Fare pratiche meno intense scontenta chi mira alla prestazione, chi ha sfide impegnative ed ambizione.

 Ci sono vari modi per affrontare i dilemmi, in base al modello che l’Istruttore sceglie, solitamente in coerenza con la tradizione del gruppo.

Si può scegliere di lavorare su tutti gli obiettivi: crescita, gare, esami. Il modello più diffuso, particolarmente nel Kendo, è mirare la pratica al prossimo obiettivo. Se c’è una gara in vista, si fa preparazione specifica, idem per gli esami. Ci sono altri modelli, ad esempio non considerare le competizioni oppure ritenerle una priorità secondaria.

Poiché ogni gruppo è diverso per dimensioni, anni di pratica, età media, genere, tradizione, non possono esistono ricette preconfezionate. Ecco perché l’Istruttore deve investire sulla propria crescita piuttosto che semplicemente copiare modelli di altri insegnanti, per quanto prestigiosi, o attendere che la formazione piova dall’alto.

Interpretare il contesto: esami e gare

Per sviluppare un ambiente dove le persone imparano e mantengono la motivazione dobbiamo declinare le priorità piuttosto che subire il contesto.

La possibilità di avere valutazioni da arbitri o giudici di esperienza è una grande opportunità. Il valore garantito dalla nostra Federazione, comparato alle altre discipline marziali, è nella qualità delle certificazioni, che deriva dal livello delle commissioni e dal metodo di valutazione.

Competizioni ed esami possono essere una grande risorsa se declinati nei Dojo in modo appropriato. Bisogna evitare due derive:

  • orientare totalmente la pratica ad ottenere l’approvazione dell’arbitro oppure a portare a casa un diploma;
  • perdere di vista la prospettiva dei praticanti che vengono al Dojo per motivi legittimi, intrinseci alle nostre discipline, come l’approfondimento della cultura giapponese.

Non sappiamo quanta parte dei praticanti senta la necessità di finalizzare la pratica vs. competizioni ed esami.

Sappiamo che, particolarmente per i giovani, il lato ludico e divertente è essenziale per la fidelizzazione(*), ma è improbabile che la competizione sia percepita da tutti come evento divertente.

Quindi bisogna personalizzare, chiarendo i benefici che derivano dall’uscire dal confort del Dojo di appartenenza.

L’Istruttore deve essere sicuro che i principianti comprendano che sconfitta e bocciatura siano, oltre che trauma psicologico, opportunità di crescita.

Sintesi: i tre ingredienti per crescere nell’insegnamento

La competenza dell’Istruttore si riflette nella qualità dell’Insegnamento, che è l’elemento più rilevante per l’esperienza dei praticanti nei Dojo.

L’insegnamento non si basa esclusivamente sulla competenza tecnica ma comprende attività come pianificare e comunicare, ascoltare e supportare. Imparare ad insegnare è un percorso parallelo all’apprendimento della tecnica.

Nessun Istruttore è perfetto, ma serve comunque una costante attività per trasferire anche all’insegnamento la mentalità della crescita continua che già applichiamo nel lato tecnico.

Allo scopo servono 3 elementi: pratica, teoria, feed-back.

Praticare l’insegnamento. Nelle dimensioni che abbiamo analizzato sopra (comunicazione, gestione, relazione), l’apprendimento può avvenire anche fuori dal Dojo, nel lavoro, nel tempo libero, nell’istruzione. Possiamo imparare nel Dojo per la nostra vita, nella nostra vita per il Dojo.

La teoria possiamo ricavarla da esperti, dai libri, da filmati (Youtube University). Il confronto di modelli, metodi, schemi con colleghi e con gli allievi stessi è alla portata di tutti.

I riscontri, in inglese feed-back, oggettivi o soggettivi, vanno accolti con gratitudine e approfonditi.

Il Dojo non è un ristorante, per cui il numero dei praticanti non è un criterio di qualità, ma quando più segnali vanno nella medesima direzione è utile fare il punto.

Domanda: “Quanto vale il Feed-back che ci diamo da soli, in quanto insegnanti, alla fine dell’allenamento?”.

Zanshin è “quanto rimane dell’azione”, ovvero ciò che segue l’esecuzione di un gesto o di un’azione. Prendersi un momento per riflettere su quanto è avvenuto è parte della nostra disciplina, una forma di Zanshin come prendere appunti o rielaborarli in un articolo.

Perché questa operazione abbia valore serve una teoria. Se ho un modello di buona comunicazione, alla fine dell’allenamento mi chiederò come ho chiarito il programma della lezione.

Ritornare su quanto successo nella lezione, per quanto utile, non può essere considerato un Feed-back, che per definizione è un riscontro che arriva da fuori, da altri. I meccanismi difensivi dell’Ego tendono ad aggiustare l’esame della realtà con finalità di difendere l’autostima. Per alcune persone, molto autocritiche, c’è il rischio di prendersi colpe e responsabilità eccessive.

L’Insegnante non deve autovalutarsi, deve semplicemente incamminarsi su un percorso di crescita che abbia una ricaduta positiva sulla qualità dell’allenamento. Sia la ricostruzione fatta in proprio, sia il riscontro degli allievi o di altri Istruttori sono utili per fare piccoli miglioramenti che, anno dopo anno, fanno una grande differenza.


(*) Gardner et al. Enjoyment and behavioral intention predict organized youth sport participation and dropout. Human Kinetics Journal, 2017.

Riconoscimenti

diploma_ambasciata
Riconoscimento del Ministero Affari Esteri Giapponese

Seguici sui Social

Sei Social? Seguici sui principali Social Network per essere sempre informato e aggiornato su news, stage, seminari, eventi, ecc.