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Per essere migliori… Un altro punto di vista.

Nel contesto delle arti marziali vige il concetto, da tutti condiviso, che la pratica migliora l’essere umano. Se ci guardiamo intorno, in realtà, possiamo dire che ciò non è sempre così scontato o realmente applicato.
Molti anni fa un grande maestro mi disse: “guardati attorno, a chi vorresti assomigliare?”.  Era una bella domanda e non sapevo come rispondere. Allora mi disse una frase che diventò per me un principio da applicare nella vita:”Per essere migliori bisogna essere diversi, non per essere diversi ma per fare la differenza“. Mi chiese poi: “tu cosa fai per fare la differenza? Come fai a fare un cambiamento in meglio?”.

Effettivamente se noi guardiamo come esempio alcuni maestri anche di altissimo grado, pensando a come erano in passato, possiamo senz’altro notare  un miglioramento tecnico notevole ma non sempre questo miglioramento è accompagnato di un miglioramento umano in termini di carattere e di comunicazione verso il prossimo. Noi abbiamo scelto liberamente come mezzo per evolvere il kendo e/o lo iaido ma spesso non ne facciamo buon uso, oppure ci limitiamo ad un loro uso parziale o scorretto.

Spesso, riguardo a ciò, con i miei allievi faccio l’esempio dell’automobile. L’automobile è un mezzo usato da tutti più o meno giornalmente. Qualcuno la usa per lavoro, altre persone per fare la spesa o per prendere i figli a scuola od altro. Alcuni la usano per fare competizioni, altri per viaggiare. Nel mio personale caso è un mezzo che è principalmente strumento di lavoro ma poi lo uso per qualsiasi scopo. Se applico lo stesso principio nella pratica posso ottenere molto, mentre noi spesso ne limitiamo l’utilità soltanto a quanto viene fatto nel dojo o in occasioni sportive.

Guardando gli altri praticare a qualche stage o in visite ad altri dojo (ma anche nel proprio), si vedono spesso uno iaido o kendo tutto di “apparenza”, rivolti tutti sull’appagamento dell’ego e sull’estetica. Pensando a questo atteggiamento, questo mi riporta indietro nel tempo ai ricordi di come ero anni fa e capisco bene la difficoltà nel fare il cambiamento. A riguardo ricordo un episodio accaduto durante uno stage istruttori di iaido con il maestro Yamazaki Takashige che fece ripetere un embu di tutti i presenti perché a suo dire dalla maggioranza dei praticanti traspariva un eccesso di ego e di voglia di “mettersi in mostra”. Quella fu una delle rare occasioni in cui un maestro di alto grado diede delle indicazioni in questo senso, (a mio avviso, purtroppo, non comprese o non ascoltate).

A tal proposito, non vedremo mai un grande maestro durante il jigeiko spingere l’avversario o cercare di colpire lo shinai per di disarmarlo, o ancora fare una finta prima di attaccare per riuscire a portare a termine una tecnica. Come esempio negativo, invece, talvolta accade nello iaido di usare la spada vera (e tanto più costosa e preziosa è, meglio è) con la convinzione che si è più bravi che non usando lo iaito. Ricordo che non molti anni fa, chi non poteva permettersi una lama di un minimo di pregio spesso affilava la lama dello iaito seguendo questa idea.
Questi, ed altri, sono tutti atteggiamenti di insicurezza che un praticante di livello dovrebbe aver superato con un approccio diverso nel praticare. Una buona pratica dovrebbe servire ad eliminare i blocchi mentali, le convinzioni errate, i condizionamenti e fornire la capacità di gestire le proprie emozioni e quanto limita la crescita e la evoluzione personale.

Sicuramente un approccio verso questa direzione renderebbe la nostra pratica più interessante e rivolta ad una fascia di praticanti più ampia. Sono anche convinto che, alla fine, nel lungo periodo creerebbe praticanti più consapevoli, con un bagaglio tecnico più solido e alla fine migliore, ma tutto questo può avvenire solo sulla volontà di un cambiamento vero.

Autore: Leonardo Amoruso

L'Autore dell'Articolo

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La Confederazione Italiana Kendo (CIK) si occupa di promuovere le discipline di Kendo, Iaido, Jodo e Naginata sul territorio italiano.

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